26 aprile 2013

Kakkientruppen e la banalità del trash

Anche un brutto film può dare utili consigli su come affrontare il nazismo.


Ci sono film che lasciano il segno. Sono film che penetrano nella coscienza dello spettatore e lo elevano a un livello superiore: super saiyan. Sto pensando a Kakkientruppen, film diretto da Marino Girolami nel 1977 e che vanta grandi attori tra cui Lino Banfi, Gianfranco D’Angelo, Mario Carotenuto e altri.

Inutile dire che il film è una porcheria senza precedenti ma, come spesso accade in questi casi, qui siamo oltre ogni criterio estetico. Siamo in presenza di una cosa così brutta che merita una menzione, o una minzione per restare nel mood trash. 
Kakkientruppen parte con tutte le buone intenzioni del mondo, cercando di replicare lo spirito delle commedie americane ambientate durante la Seconda Guerra Mondiale. Protagonista un drappello di uomini della Wehrmacht totalmente incapaci e goffi, alle prese con situazioni al limite dell’assurdo.
Basta guardare i primi dieci minuti per rendersi conto che si può stoppare, ma il discorso non vale per me, che ho uno stomaco forte per queste cose. Così ci si ritrova a osservare questi personaggi che tentano in modo patetico di far ridere…e alla fine ci riescono. È la fiera del grottesco, un modo per esorcizzare gli orrori della guerra e del nazismo con una risata di pancia. Qualcuno potrebbe storcere il naso di fronte a quella che sembra una mancanza di rispetto nei confronti delle vittime di quel periodo. Chi ha criticato “La vita è bella” di Benigni perché troppo ironico e leggero non ha mai visto Kakkientruppen.

Non mancano tuttavia alcune scene divertenti, come il bersagliere della Prima Guerra Mondiale, disorientato, che vaga per lo schermo in cerca di indicazioni. O la cucina del battaglione, che prepara per la truppa la carne dei soldati uccisi. Ovviamente è tutto esplicito e scontato, ma va bene così. Nonostante la bruttezza rara del film, il titolo è divertente ed evocativo. Lancia uno sfottò impertinente e volgare al nazismo, a quelle idee che hanno chiesto e trovato legittimazione nella serietà, nella celebrazione, nel trionfo della forma. Un film così brutto non fa progredire la storia del cinema, ma sicuramente ci ricorda che ci sono momenti in cui non serve troppo argomentare o ragionare. Insomma, non ci si deve sempre sforzare per trovare una risposta seria: al nazismo si può anche rispondere con una scorreggia. 


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